domenica 23 settembre 2012

Insonne

Il cielo notturno è solo una specie di carta carbone
neroblu, perforata dai punti delle stelle
che lasciano passare la luce, uno spioncino dopo l'altro-
una luce bianco osso, come la morte, dietro ogni cosa.
Sotto gli occhi delle stelle e il rictus della luna
egli patisce il suo guanciale deserto e l'insonnia
spande in ogni direzione la sua sabbia sottile e fastidiosa.

Replicato senza sosta, il vecchio film sgranato
rivela gli imbarazzi: i giorni piovvigginosi
dell'infanzia e dell'adolescenza, appiccicosi di sogni,
le facce dei genitori su lunghi steli, severe o afflitte,
un roseto infestato di insetti che l'aveva fatto piangere.
La sua fronte è tutta bozzi come un sacco di pietre.
I ricordi sgomitano per un primo piano come divi al tramonto.

Le pillole non gli fanno effetto: rosse, viola, azzurre-
Come illuminavano il tedio della sera prolungata!
Quei pianeti zuccherini il cui influsso ottenne
per qualche tempo una vita battezzata in non-vita
e i dolci risvegli stuporosi di un infante smemorato.
Ora le pillole sono consunte e ridicole, come antichi dèi.
I loro colori ninnananna non lo aiutano più.

La sua testa è un piccolo interno di specchi grigi.
Ogni gesto sparisce subito giù per un corridoio
di prospettive in fuga, e il suo significato
scorre via come acqua dal foro al capo opposto.
Lui vive esposto in una stanza senza palpebre,
le fessure nude degli occhi irrigidite e spalancate
nell'incessante lampeggiare delle situazioni.

E' tutta la notte che nel cortile di granito gatti invisibili
urlano come donne o strumenti stonati.
Già sente avvicinarsi la luce, la sua bianca malattia,
col suo cappello pieno di banali ripetizioni.
Ormai la città è una mappa di allegri cinguettii
e dappertutto le persone, con occhi argento-mica e vacui,
vanno al lavoro in fila, come reduci da un lavaggio del cervello.

Sylvia Plath

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