lunedì 26 novembre 2012

A cosa mi è servito

A cosa mi è servito
correre per tutto il mondo,
trascinare, di città in città, un amore
che pesava più di mille valige;
mostrare
a mille uomini il tuo nome
scritto in mille alfabeti
e un immagine del tuo volto
che io giudicavo felice?
A cosa mi è servito
respingere questi mille uomini,
e gli altri mille
che fecero di tutto perchè mi fermassi,
mille volte pettinando
le pieghe del mio vestito
stanca di viaggi,
o dicendo il tuo nome
così bello in mille lingue
che io mai avrei compreso?
Perchè era solo dietro a te
che correvo il mondo,
era con la tua voce
nelle mie orecchie
che io trascinavo il fardello
dell'amore di città in città,
il tuo volto nei miei occhi
durante tutto il viaggio,
ma tu partivi sempre la sera
prima del mio arrivo.

Maria do Rosàrio Pedreira

domenica 18 novembre 2012

per Al

non preoccuparti delle poesie respinte, compà,
anche le mie sono state respinte.

qualche volta fai l'errore di scegliere
la poesia sbagliata
più spesso io faccio l'errore di
scriverla.

in ogni corsa trovo un cavallo che mi piace
anche se quello
che fissa le quotazioni del mattino

lo dà 30 a uno..

comincio a pensare alla morte sempre
più spesso

senilità

stampelle

poltrone

scrivere poesie pompose con una
penna che perde

quando le ragazzine con bocche
da barracuda
corpi come alberi di limone
corpi come nuvole
corpi come il bagliore dei lampi
smetteranno di bussare alla mia porta.

non preoccuparti delle poesie respinte, compà.

ho fumato 25 sigarette stanotte
e lo sai come va con la birra.

il telefono è squillato una sola volta:
avevano sbagliato numero.

Charles Bukowski

lunedì 12 novembre 2012

A te - fra cento anni

A te, che dovevi esser nato
un secolo dopo, quando avrò ripreso fiato -
dal sottosuolo, come un condannato a morte,
       con la mia mano - scriverò:

Amico! Non cercarmi! Altra moda!
Di me non si ricordano nemmeno i vegliardi.
Con la mia bocca non ci si tocca! Oltre le acque del Lete
        protendo due mani.

Come due roghi io vedo i tuoi occhi,
fiammeggianti verso di me, nella tomba, nell'inferno.
Quella, vedenti, che non muove neanche una mano,
        morta cento anni fa.

Con me, nella mano, quasi una manciata di polvere:
le mie poesie! Vedo: al vento
tu cerchi la casa dove io sono nata - oppure
        in cui morirò.

Le donne che ti vengono incontro, quelle, le vive, le felici -
io sono fiera di come le guardi, e colgo le parole:
"Assembramento d' usurpatrici! Siete tutte morte voi!
       Lei sola è viva!

Io l'ho servita, in volonontario servizio,
tutti i segreti conoscevo, tutto il fondaco dei suoi anelli!
Saccheggiatrici di defunte! Questi anelli
      sono rubati a lei!"

Oh, i miei cento anelli! Mi si tirano le vene,
per la prima volta mi pento
che tanti a destra e a manca ne ho regalati -
       non ti avevo aspettato!

E ancora mi fa tristezza che in questa sera
d'oggi così lungamente io sia andata dietro
al sole che tramontava - e incontro
     a te: attraverso cento anni.

Scommetto che tu scagli una maledizione
ai miei amici, verso la caligine delle tombe:
"Tutti la lodavate! Ma un abito rosa

     nessuno le ha regalato!

Chi era più disinteressato?!" No, io la cupida!
Già che non mi ucciderai, non c'è avidità da nascondere,
che a tutti io chiedevo le lettere
       per baciarle di notte.

Dirlo?! Lo dirò! Il non essere è una convenzione.
Tu per me adesso sei il più appassionato degli ospiti
e tu rifiuterai la perla di tutte le amanti
     in nome di quella - delle ossa.

Marina Ivanovna Cvetaeva
1919