lunedì 12 novembre 2012

A te - fra cento anni

A te, che dovevi esser nato
un secolo dopo, quando avrò ripreso fiato -
dal sottosuolo, come un condannato a morte,
       con la mia mano - scriverò:

Amico! Non cercarmi! Altra moda!
Di me non si ricordano nemmeno i vegliardi.
Con la mia bocca non ci si tocca! Oltre le acque del Lete
        protendo due mani.

Come due roghi io vedo i tuoi occhi,
fiammeggianti verso di me, nella tomba, nell'inferno.
Quella, vedenti, che non muove neanche una mano,
        morta cento anni fa.

Con me, nella mano, quasi una manciata di polvere:
le mie poesie! Vedo: al vento
tu cerchi la casa dove io sono nata - oppure
        in cui morirò.

Le donne che ti vengono incontro, quelle, le vive, le felici -
io sono fiera di come le guardi, e colgo le parole:
"Assembramento d' usurpatrici! Siete tutte morte voi!
       Lei sola è viva!

Io l'ho servita, in volonontario servizio,
tutti i segreti conoscevo, tutto il fondaco dei suoi anelli!
Saccheggiatrici di defunte! Questi anelli
      sono rubati a lei!"

Oh, i miei cento anelli! Mi si tirano le vene,
per la prima volta mi pento
che tanti a destra e a manca ne ho regalati -
       non ti avevo aspettato!

E ancora mi fa tristezza che in questa sera
d'oggi così lungamente io sia andata dietro
al sole che tramontava - e incontro
     a te: attraverso cento anni.

Scommetto che tu scagli una maledizione
ai miei amici, verso la caligine delle tombe:
"Tutti la lodavate! Ma un abito rosa

     nessuno le ha regalato!

Chi era più disinteressato?!" No, io la cupida!
Già che non mi ucciderai, non c'è avidità da nascondere,
che a tutti io chiedevo le lettere
       per baciarle di notte.

Dirlo?! Lo dirò! Il non essere è una convenzione.
Tu per me adesso sei il più appassionato degli ospiti
e tu rifiuterai la perla di tutte le amanti
     in nome di quella - delle ossa.

Marina Ivanovna Cvetaeva
1919

Nessun commento:

Posta un commento